XVI Convegno Nazionale di Pastorale giovanile
Si è appena concluso a Brindisi il XVI Convegno Nazionale di Pastorale giovanile dal titolo “Il cantiere e le stelle”, promosso dalla Cei e al quale hanno partecipato circa 540 partecipanti tra presbiteri, laici e religiosi, tutti impegnati nell’attività pastorale regionale e diocesana e provenienti da circa 180 diocesi italiani. Il titolo del convegno s’ispira a un passo delle “Città Invisibili” dello scrittore Italo Calvino, dove alla domanda iniziale rivolta agli abitanti di Tecla sul ‘discorso segreto’, la risposta è un progetto comune.
A rappresentare l’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice c’erano le Consigliere per l’ambito di Pastorale giovanile d’Italia, insieme ad altre fma, giovani e laici che operano nei vari contesti educativi in Italia.
“La progettazione educativa – si legge nella presentazione del convegno – è il canovaccio su cui tracciare le direttrici dei tanti progetti di pastorale giovanile, un canovaccio che ha bisogno di essere composto insieme, che ha bisogno di coinvolgere tutti”.
L’obiettivo del convegno è stato quello di creare un CANTIERE in grado di coniugare la pratica con una progettualità di più ampio respiro e con connotazioni decisamente più ‘tecniche’, una pastorale, insomma, dal volto più organico, intelligente e coraggioso.
Si è sentita l’esigenza di rivitalizzare l’azione pastorale per fare quel salto di qualità in avanti verso una passione condivisa con semplicità e incisività che si avvale della storia e del contesto delle varie chiese locali per generare uno STILE e un METODO accessibili a tutti e con punti d’incontro e presupposti per la collaborazione.
Prendersi cura delle nuove generazioni – ha detto don Michele Falabretti, direttore del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile – significa che “non si può mai dimenticare la necessità di avere un cuore che spinga a una dedizione profonda”. Sulla stessa linea d’onda l’intervento di Mons. Domenico Caliandro, Vescovo di Brindisi che nel suo saluto iniziale ha sottolineato la necessità che il cuore e le competenze camminino insieme e si completino fra loro per essere “segni e portatori del Vangelo, proprio come Maria che si mette a servizio di Elisabetta.
Parlare di pastorale giovanile – ha ricordato il Vescovo – è affrontare un tema molto delicato perché riguarda i giovani che “si sentono come foglie mosse dal vento”, che si esprimono con un linguaggio che gli adulti faticano a comprendere. Il disagio giovanile può essere riconducibile alla carenza di bravi educatori ed è qui che entra in gioco il bisogno del “discernimento delle pratiche pastorali (…) e delle risorse presenti nei territori e nelle realtà ecclesiali. Anche questa è dedizione all’uomo e – dunque – testimonianza al Vangelo: la sua credibilità non passa da una dimostrazione logica, ma da gesti e parole capaci di svelarne la carità”.
Grande fonte di ispirazione per tutti i partecipanti è stato l’intervento del prof. Franco Miano, docente di Filosofia morale all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” che si è soffermato sul ruolo fondamentale del “dialogo fra animatori ed educatori e la famiglia”, un dialogo che deve creare sintonia e sviluppare sinergie tra scuola, Chiesa e tutti gli ambiti educativi, chiamati ad offrire un servizio educativo finalizzato allo sviluppo armonioso, fruttuoso e globale della persona del giovane, in grado di sanare la frammentarietà, la profonda crisi d’identità che caratterizzano il nostro tempo e che spesso sono a monte del disagio giovanile.
Il dialogo e la conoscenza diretta con la famiglia dei ragazzi è, inoltre, un aspetto essenziale e irrinunciabile della pastorale e «s’inserisce naturalmente nel più grande disegno di vita comunitaria e di dinamica ecclesiale da cui non può e non deve prescindere, perché nessun animatore ed educatore compie un servizio a titolo personale e nessuno può pensare di contribuire da solo alla formazione dei giovani».
Il secondo giorno di assemblea si è aperto con una riflessione sui luoghi dove la pastorale diventa una realtà esistenziale ed operativa e cioè: la scuola, il mondo del lavoro e il mondo digitale, il tempo libero con le sue attività ricreative e sportive, il volontariato e soprattutto la famiglia. Tanti universi in cui il rapporto tra adulti e giovani si costruisce attraverso percorsi esperenziali di ‘autocostruzione’ e una rete di ‘alleanze educative’ presenti sul territorio – ha sottolineato monsignor Paolo Giuletti.
Il terzo giorno del convegno ha dato ampio spazio alle tecniche di animazioni, tra cui i workshop e i laboratori e attraverso la proiezione di alcuni video si è riflettuto sulla centralità dell’adolescente e del giovane nelle sue diverse fasi di crescita, che richiedono un mondo adulto sempre più all’altezza della sua vocazione – ha detto il professor Raffaele Mantegazza. Un linguaggio multimediale che deve incoraggiarci a uscire dagli stereotipi e dai luoghi comuni che rendono inefficaci qualsiasi intervento educativo. «Di questo convegno noi portiamo a casa il processo, le relazioni, gli sguardi. Ci prendiamo per mano e la fatica la condividiamo con gli altri. A partire dalla concretezza dell’ascolto, per giungere a pensieri e pratiche buone nella progettazione educativa» ha concluso don Falabretti.
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