Una porta aperta al dialogo
Mani in preghiera e braccia spalancate in segno di riconciliazione quelle di Papa Francesco e del Patriarca ortodosso Bartolomeo, che con la loro testimonianza di profonda umiltà, unità e straordinario spirito ecumenico dicono no alle divisioni profonde che lacerano le Chiese, gettando “un ponte simbolico”, tra l’Occidente e l’Oriente”.
Il mondo ha bisogno di “una porta aperta” al dialogo – ha detto il Papa – che vada oltre lo scambio e il confronto di idee per accogliere fraternamente, nel rispetto della fede e dei valori condivisi, tutti i fratelli che hanno un volto ben preciso, un nome, una dignità e una storia individuale e collettiva, unica e irrepetibile.
E’ nella preghiera comune che si gettano le basi per “il ristabilimento della completa comunione” (sono parole di Bartolomeo) in un atteggiamento di “silenziosa adorazione” e di accoglienza dei fratelli. E, che siano ebrei o mussulmani, poco importa, purché tutti raggiungano la pienezza della vita e il conseguimento della vera conoscenza di Dio.
I gesti compiuti dal Pontefice nella Moschea Blu: togliersi le scarpe, chinare il capo in segno di riverente adorazione, congiungere le mani in profonda preghiera, davanti al mihrab, la nicchia che nelle nostre moschee indica la direzione della Mecca, sono l’espressione concreta di un grande rispetto per l’umanità e l’umile riconoscimento dell’amore che Dio ha per il mondo.
L’ultimo Capitolo delle Figlie di Maria Ausiliatrice ancora una volta ha ribadito la necessità di rispettare e apprezzare le diverse esperienze religiose, certe che intraprendere il “viaggio del dialogo”, all’interno delle nostre comunità, tra i giovani e nelle periferie esistenziali della nostra missione educativa è garantire all’Istituto e alla famiglia umana l’unità che tutto il mondo vuole e cerca instancabilmente. Sul tavolo del dibattito e del confronto anche i temi della pace, della giustizia, della libertà religiosa e del dialogo ecumenico e interreligioso. Una ricchezza, un dono d’inestimabile valore, perché frutto dell’amore di Dio che l’Istituto condivide con i giovani, affinche si lascino “interpellare dal bisogno di crescere nel dialogo di vita e d’inculturazione, di apertura della mente e di accoglienza fraterna”.
“La multiculturalità – ha detto suor Emilia Musatti – è già il volto di molte comunità nell’Istituto, risultato del suo dinamismo missionario e della scelta esplicita di costruire presenze multiculturali come risposta educativa alla forte migrazione umana che caratterizza il nostro tempo. È un processo aperto che aiuta persone e comunità a uscire dai propri confini culturali e geografici e a sentirsi cittadine del mondo, divenendo segno di comunione in una realtà spesso segnata da integralismi culturali e religiosi.
Testimoniamo così che è possibile far interagire anche forti differenze quando c’è una comune passione: la vita dei giovani, la volontà di donare a loro Gesù attraverso la missione educativa”.
Come Figlie di Maria Ausiliatrice ci uniamo alla preghiera di Francesco e Bartolomeo affinché ci sia concessa “la grazia di essere fratelli nella fede e nella speranza” nella convinzione che “la piena comunione tra cattolici e ortodossi – come ha ribadito Papa Francesco – non significa né sottomissione, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza”. Un’esortazione che accogliamo con cuore aperto perché in sintonia con il nostro carisma che è accoglienza incondizionata dell’altro attraverso l’amore preveniente e gratuito di un Dio che guarda sempre e solo al cuore dell’uomo.