Papa Francesco nella città dei Santi sociali
Una Torino in festa che acclama e gioisce per la presenza del Santo Padre, figlio di emigranti piemontesi. Un abbraccio caloroso del popolo torinese che vive in una realtà multietnica impegnata in un’integrazione non sempre riuscita ma che cerca di trovare armonia tra le diverse presenze etniche.
Torino, scenario di grandi cambiamenti, dove al secolarismo si mescola il sacro e, dove la questione sociale e il fenomeno della emigrazione hanno radici lontane. Una capitale culturale che è il cuore pulsante di un ideale di unità sognato e sperato da sempre.
La visita del Papa s’incastona perfettamente nel clima di operosità che ha dato smalto e spessore all’agire di molti grandi Santi della Torino di fine Ottocento, dediti al servizio degli ultimi.
Il Vescovo di Roma ci ricorda che a fine ottocento Torino era “una società massonica, mangiapreti, anticlericale, anche demoniaca” ma sono tanti i santi impegnati, in prima linea, nelle innumerevoli problematiche del secolo. La predilezione del Pontefice per gli ultimi, trova riscontro in questi luoghi, tabernacoli di una santità spicciola ma concreta, corroborati da un’energia pazzesca e da una spinta solidaristica che si trasforma in passione per la vita.
Una Torino scenario dei più grandi “Santi sociali” della storia, uomini e donne dallo sguardo lungimirante, ispirati da una prospettiva pastorale di ampio respiro.
Santi che sono intervenuti nelle pieghe nascoste e drammatiche della storia per illuminare le vite di quei reietti che la società non voleva vedere in giro.
Santi che si sono rimboccate le maniche nelle periferie pullulanti di giovani sfruttati, poveri abbandonati, malati e sofferenti nel corpo e nello spirito; una schiera di malcapitati che la società giudica e disprezza.
Santi rivoluzionari sempre “in uscita” e capaci di accoglienza e di incontro; pronti a salvare vite innocenti da uno stato di degrado e di abbandono da parte delle istituzioni.
Santi che hanno avuto il coraggio delle loro convinzioni e sovvertito i luoghi comuni per lasciare spazio ad un’umanità a brandelli che ha un grande bisogno di aprirsi alla speranza.
Santi “liberi e testardi”che, a chi voleva relegarli nel silenzio di una canonica, hanno risposto con la forza delle idee e delle opere, sempre pronti a testimoniare il Vangelo della compassione, dell’amore, del perdono e della misericordia; a incoraggiare e toccare le ferite dei disperati, a sanare e dare “speranza”, a esortare i peccatori a spalancare le porte del loro cuore alla Vita.
Santi che hanno indossato la talare della sollecitudine pastorale e dello zelo apostolico e teso la mano a coloro ai quali veniva negato persino il diritto di sognare una vita diversa.
Lo sguardo dei malati, dei carcerati, dei poveri, dei ragazzi di strada, s’incrocia con quello compassionevole di un padre e di un amico, di una presenza sempre costante e amorosa, operante e generatrice di vita.
Giuseppe Cottolengo, Giuseppe Cafasso, Giovanni Bosco, Leonardo Murialdo, Giulia Palletti di Barolo, sono i grandi giganti della carità e i buoni samaritani che hanno dedicato totalmente la loro vita agli altri.
Santi solerti e sempre pronti a guardarsi intorno per rendersi conto del divario tra realtà diverse e stridenti tra loro. Vedono chiaro ma sono considerati visionari e per questo osteggiati. Santi che meritano un confronto vivo e non devozionale. Essi c’insegnano che l’inclusione non è fare elemosina ma lavorare insieme, coniugare carità e giustizia, condividere un progetto per una casa comune. Ed è questo il messaggio che Papa Francesco ci lascia: farsi pane e spezzarsi per gli altri.
E tra i tanti messaggi di questa prima tappa della visita del Santo Padre a Torino c’è anche l’invito a esprimere il proprio amore autentico e concreto dando spazio ai poveri del mondo, a coloro che nessuno ascolta e che non hanno voce. La Divina Provvidenza si manifesta attraverso questi modelli di santità spicciola che osano rischiare, essere creativi e andare contro corrente; che puntano sulle risorse degli altri e sono credibili agli occhi del mondo. E ora, tocca a noi seguire le loro orme!