La gioia dell’attesa
A noi figli del nostro tempo, costantemente affascinati dalle nuove tecnologie che ci fanno sperare in soluzioni efficienti, veloci e pronte per l’uso, l’attesa, può apparire scomoda o addirittura pesante. Molte volte si tratta di un’attesa vuota, demotivata, completamente sguarnita di certezze e di speranze, insomma una forma d’illusione che ci fa vivere come in una sorta di bolla di tempo sterile, lungo, inutile e noioso che si popola di preoccupazioni e di volontà svigorite.
L’attesa, lo sappiamo bene, cadenza il ritmo della nostra esistenza ed è il cantiere, dove si costruisce e si realizzano incontri esclusivi che ci portano a valorizzare ogni attimo, persino i momenti più ‘banali’. Essa allarga l’ampiezza del nostro sguardo e accresce la nostra consapevolezza che non ci può essere nulla di mediocre o di ordinario, quando ‘qualcuno’ o ‘qualcosa’ di molto concreto porta in sé una tensione positiva, una speranza attiva che affretta i nostri passi verso la meta che ci sta davanti.
L’attesa è soprattutto la pazienza che disinnesca la spirale dell’ansia e delle paure per riempire il cuore di letizia e di aspettative che si coniugano perfettamente con il tempo della fecondità e di ‘un dinamismo di apertura.
L’attesa è il sentiero della tranquilla contemplazione, dell’arrendevolezza e della meraviglia, dell’accoglienza incondizionata di Dio che si rivela in quell’inevitabile ‘vuoto’ che è pienezza di vita, mistero d’amore che ci fa sperimentare il gusto di vivere.
L’attesa contrasta la folle corsa dell’efficientismo e l’inseguimento spasmodico della redditività per affidarsi a Dio che viene per introdurci nel suo disegno d’amore e di salvezza e per ricordarci che siamo preziosi e degni di stima ai suoi occhi.
L’attesa è guardare se stessi e fissare lo sguardo sul mondo con occhi e cuore limpidi, è lasciarsi cullare “tranquilli e sereni come un bimbo svezzato in braccio a sua madre”.
Il Natale è il mistero della grande attesa come c’insegnano i personaggi della Sacra Scrittura: Abramo attende l’adempimento delle promesse di Dio, il Battista annuncia la presenza di Uno più forte di lui, Zaccaria, Elisabetta, Simeone e Anna, vivono “con una promessa che lì nutre, che li alimenta e che li rende capaci di stare dove sono” e infine Maria e Giuseppe aspettano nel silenzio e nella preghiera, la nascita del Figlio di Dio.
L’attesa del Natale è un’attesa che ci emoziona e ci fa sussultare di gioia di fronte a un bambino fragile e indifeso ma “Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace”.
E’ l’attesa dei piccoli di Dio che hanno una meta da raggiungere: “La festa della nostra umanizzazione, dell’autorealizzazione, del nostro entrare in unione con Dio”, che cerca il nostro cuore e ci attende per primo.
L’attesa del Natale era vissuta da don Bosco e da Madre Mazzarello come un momento di speciale coinvolgimento dei giovani in un cammino di fede, di preghiera e di comunione fraterna. La “spiritualità dell’attesa” altro non era che il riconoscimento del primato di Dio nella vita di ciascun giovane. L’irradiarsi dell’amore divino nei loro cuori dove a volte regnava l’inquietudine e lo smarrimento ma è proprio qui che l’attesa di Dio si fa celebrazione della sua misericordia, esaltazione della sua compassione, proclamazione della sua fiducia nell’uomo. Un’attesa che “fa germogliare il deserto, che crea continuamente “cose nuove” attraverso l’azione dello Spirito Santo, e che infine procura la pace del cuore”.
Anche per noi FMA, l’attesa è Dio che visita la nostra quotidianità, che si dona a noi e ai giovani, che c’invita a scoprirlo nelle pieghe della nostra storia e nella trama delle nostre esistenze.
Per noi FMA l’attesa è Dio che fiorisce nei nostri deserti e in quelli dei nostri giovani per generare vita e seminare speranza.
Per noi FMA l’attesa è un Dio “che ha urgenza d’incontrarci” e noi vogliamo incontrarlo con tutti i giovani del mondo.
Vieni Signore Gesù!