Conclusa la visita del Papa a Torino
Una visita, quella di Papa Francesco, che i torinesi certamente porteranno a lungo nel cuore! E, persino il tram tram quotidiano sembra ora essere illuminato da un messaggio di speranza e di nuove sfide per gli abitanti e per quanti condividono questa realtà complessa e variegata.
Coraggio, dignità, inclusione sociale, ecco alcune delle parole chiavi rivolte ai lavoratori che per non lasciarsi sopraffare totalmente dalla crisi – dice il Papa – devono reagire. Serve un modello economico in funzione del bene comune per opporsi alla “mentalità dell’usa e getta” e affermare la dignità del lavoro, in quanto “fondamentale dimensione dell’umane esistere, con la quale la vita dell’uomo è costruita ogni giorno” (Giovanni Paolo II, , Laborem exercens 1b.)
E il Papa torna ancora una volta sul tema dell’immigrazione che «aumenta la competizione, ma i migranti non vanno colpevolizzati, perché essi sono vittime dell’iniquità, di questa economia che scarta e delle guerre».
Significativo il suo momento di raccoglimento davanti alla Sindone, l’espressione più alta e autentica dell’Amore divino che con il sacrificio della sua vita ha sconfitto per sempre il peccato e la morte. E parlando ai giovani, in Piazza Vittorio, il Papa, ricorda che il motto scelto per l’Ostensione della Sindone: “l’Amore più grande”, è un invito a rinnovare la fiducia in Gesù che «rimane fedele, anche quando abbiamo sbagliato, e ci aspetta per perdonarci: Lui è il volto del Padre misericordioso. Ecco l’amore fedele».
I termini “Amore, vita, amici” che sono collegati tra loro, come vasi intercomunicanti, richiamano il Vangelo di Giovanni sull’amore che non è quello “romantico” delle telenovele – dice il Papa – ma un amore concreto che si esprime attraverso il dono di sé agli altri. E l’amore – dice ancora il Pontefice – comporta il coraggio di andare controcorrente, di mettersi a servizio dei poveri e, persino di essere casti, perché «l’amore è molto rispettoso delle persone, non le usa». Un discorso davvero audace per una società edonistica che spaccia pezzi di vetro per diamanti e pubblicizza un mondo confortevole ma fittizio. Il vescovo di Roma ricorda, poi che il Piemonte dell’800, «la terra di cui sono nipote» – ha detto – era percorso dalle ideologie massoniche, anticlericali e persino sataniche ma è proprio in questo particolare contesto storico ed ecclesiale che è fiorita la santità di tanti uomini e donne, figli/e di questo secolo.
Vivere l’oratorio “in uscita” – sottolinea il Papa – significa sperimentare i valori della Vita e non seguire le “bolle di sapone”, «vuote che luccicano per un istante, ma, dopo qualche secondo, si disintegrano e cadono inesorabilmente nella polvere» (Gabriele Adani). Invita i giovani a impegnarsi in “progetti di costruzione” che uniscono e promuovono la consapevolezza della cittadinanza attiva e responsabile e non si limitano alle semplici opere di filantropia. Inoltre, li invita a non dimenticare che vivere e, non vivacchiare, è «il miglior antidoto contro la sfiducia nella vita» e contro la tentazione di cadere nella tristezza.
Parlando, poi alla Famiglia salesiana, radunata nella Basilica di Maria Ausiliatrice, Papa Francesco con piccoli aneddoti e ricordi personali, spiega quanto la sua famiglia vi fosse legata e come l’abbia “formato al lavoro, alla bellezza e all’affettività”. Ed è proprio in una scuola salesiana – dice il Pontefice – che ho imparato ad amare tanto la Madonna, che andavo a visitare ogni 24 maggio. E nel ricordare quel 40% di giovani, che in Italia sono ancora senza lavoro, elogia la scelta lungimirante di don Bosco d’istituire la scuola di arti e mestieri, il cui obiettivo era quello di preparare i giovani al mondo del lavoro. E ribadisce che «bisogna investire con coraggio nella formazione, cercando di invertire la tendenza che ha visto calare negli ultimi tempi il livello medio di istruzione, e molti ragazzi abbandonare la scuola». E rivolgendosi ai vari membri della famiglia salesiana afferma: «Don Bosco “vi invita ad uscire, ad andare sempre di nuovo per trovare i ragazzi e i giovani là dove vivono: nelle periferie delle metropoli, nelle aree di pericolo fisico e morale, nei contesti sociali dove mancano tante cose materiali, ma soprattutto manca l’amore, la comprensione, la tenerezza, la speranza. Andare verso di loro con la traboccante paternità di Don Bosco».
Non poteva mancare, poi, la visita ai malati, ai disabili e agli anziani ospiti nella Casa del Cottolengo verso i quali ha avuto parole di affetto e speranza: «Voi siete membra preziose della Chiesa, siete la carne di Cristo crocifisso che abbiamo l’onore di toccare e di servire con amore. Con la grazia di Gesù voi potete essere testimoni e apostoli della divina misericordia che salva il mondo».
Storica la visita del Papa, che per la prima volta varca la soglia di un tempio valdese e chiede perdono a nome della Chiesa Cattolica « per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!. L’unità che è frutto dello Spirito Santo non significa uniformità, siamo chiamati a camminare insieme. Un ambito nel quale si aprono ampie possibilità di collaborazione tra valdesi e cattolici è quello dell’evangelizzazione», ha detto papa Francesco. Ed Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese ha sottolineato come questo storico incontro sia «un’occasione per ribadire quanto ci unisce come cristiani, discepoli di Gesù Cristo – ma anche per dire quanto ancora ci divide: non avremo timore di richiamare gli aspetti teologici che ancora segnano le nostre distanze e sulle quali desideriamo fare maggiori progressi».
Papa Francesco ha definito la visita a Torino un «ritorno a casa», come «faceva ogni volta che da Buenos Aires veniva in Italia».